COVID-19 CANONI LOCAZIONE COMMERCIALI

In queste settimane si è letto molto in ordine alla possibilità che i conduttori di esercizi commerciali, forzatamente chiusi a causa della pandemia, possano non pagare almeno per il periodo di lockdown i canoni di locazione relativi agli esercizi stessi.
Recentemente anche la giurisprudenza si è espressa e sui media si è letto che i Tribunali avrebbe confermato la possibilità di non pagare i canoni.
In realtà, l’informazione data non è del tutto corretta.
Infatti, i due precedenti di cui si ha notizia (Tribunale di Venezia e Tribunale di Rimini) non contengono una chiara statuizione sul fatto che si possa evitare di pagare i canoni di locazione ma, più semplicemente, contemplano ipotesi di blocco momentaneo dell’escussione di garanzie sottese al pagamento dei canoni.
In altre parole, i due Tribunali, in sede di procedimento d’urgenza (e quindi con una cognizione parziale e suscettibile di essere ampiamente rivista nel successivo giudizio “pieno”) hanno disposto il blocco dell’escussione di una fideiussione bancaria (Tribunale di Venezia) e dell’incasso di assegni dati a garanzia (Tribunale di Rimini; detta prassi, seppure molto diffusa, non è comunque regolare ed il Tribunale anche per questo motivo potrebbe aver disposto il blocco degli assegni).
Si noti che le Corti hanno riconosciuto l’esistenza dell’esimente della forza maggiore ma solo in via d’urgenza, con riserva di verificare il merito nel giudizio pieno e, peraltro, in assenza di una conciliazione in buona fede tra le parti per una soluzione condivisa.
Alla luce di quanto sopra, e considerato che il credito di imposta è stato confermato (e ciò dovrebbe mitigare, seppure in parte, il nocumento derivante dalla chiusura forzata), si ritiene preferibile suggerire che locatori e conduttori cerchino di avviare una trattativa finalizzata ad una definizione in buona fede.
Tale conciliazione potrebbe essere utile per evitare procedimenti giudiziali (la cui trattazione potrebbe essere ben difficile in tempi rapidi) e, almeno l’averla tentata (in buona fede e quindi cercando di comprendere le ragioni delle parti), può essere un motivo per ottenere un procedimento di esito positivo.